Gli antagonisti Bitcoin, soprattutto i grandi economisti critici sin dalle origini o quasi , amano spesso ripetere come la "moneta della libertà" sia in realtà distribuita in maniera molto poco equa:
La tabella sopra, estratta dal noto sito www.bitinfocharts.com ci dice che quasi il 50% degli indirizzi più "poveri" detiene appena lo 0.01% dei bitcoin in circolazione e che su meno dell'0.6% degli address più ricchi sono depositati oltre 15 milioni di bitcoin (ovviamente gli address più ricchi si riferiscono quasi esclusivamente ad exchanges e corrispondono a soldi di migliaia di persone, ma il dato è comunque significativo).
Si potrebbe facilmente ribattere che "libertà" ed "equità" non sono affatto sinonimi. L'invenzione di Nakamoto si basa su un software open-source, non ha barriere di entrata , non richiede permessi, non ha vincoli geografici e (soprattutto) non ha amministratori di sistema o governatori centrali che la pianificano e dirigono. In questo senso è libera: chiunque ne può far parte senza vincoli e con bassissimi costi d'ingresso, quelli di acquistare anche pochissimi satoshi e, se davvero vuole essere "libero", metter su un full node su cui depositarli. Un pò come Internet: chiunque può dire la sua e avere accesso ad un network globale, con la vera libertà di parola vincolata dal possesso e dalla gestione di un proprio server. Senza dipendere da terzi. La disintermediazione della comunicazione (Internet) diventa disintermediazione del valore (Bitcoin).
L'equità però è ben altra cosa. Non è scritto da nessuna parte che la criptomoneta per antonomasia sia spartita tra tutti in egual misura. Alcuni dei fondamenti su cui si basa Bitcoin sono l'antitesi del concetto di "socialità" soprattutto nell'accezione "socialista" del termine.
La Proof of Work, l'algoritmo su cui si basa la distribuzione del token e il suo sistema di sicurezza, è sostanzialmente una prova di "forza". Il più forte vince, dal secondo in poi non toccano nemmeno le briciole.
Non solo: il meccanismo che ne determina il successo è quello della massimizzazione del profitto. Un miner, tramite la POW, persegue solo e soltanto il proprio tornaconto personale. Il sistema sarà sicuro, non perchè i soggetti si fidano tra loro (altrimenti non sarebbe trustless e non potrebbe essere open) ma perchè hanno convenienza economica a farlo. Essere onesti non è una virtù richiesta per partecipare, è un obiettivo da perseguire per fare i maggiori profitti con i minori rischi. In modo tale che il rapporto benefici/costi di essere onesto sia superiore a quello di essere disonesto.
In questo processo è racchiusa gran parte del funzionamento della rete bitcoin e della sua garanzia di sicurezza.
Ma è un processo che si fonda su concetti molto "capitalistici" e molto poco "sociali". Visto che da tutto questo deriva la distribuzione del token, è evidente come questa distribuzione non può e non potrà mai essere equa.
Fermo restando quanto sopra, è altrettanto evidente che, sin dagli albori, è in atto un processo di redistribuzione basato sulla crescita del numero di utenti e della progressiva emissione di nuova moneta. Agli inizi tutti i possessori di bitcoin erano anche minatori. Poi, con l'aumento della difficoltà di mining, i nuovi utilizzatori sono passati all'acquisto e si è assistito ad un passaggio di token da chi minava a chi comprava, fenomeno che è in corso ancora adesso.
Progressivamente nel tempo stiamo assistendo ad una maggiore redistribuzione del token, almeno a livello di address.
Un grafico che sintetizza molto bene questo trend in atto è il seguente:
Gli indirizzi su cui è depositato almeno 0.1 BTC hanno raggiunto un nuovo massimo di sempre.
Ok, sarà l'obiezione, è ovvio che se nel tempo aumentano i bitcoin in circolazione, aumenteranno anche quelli depositati su qualsiasi fascia di indirizzi. La maggiore distribuzione è solo una conseguenza del maggior numero di monete esistenti, non di una migliore diffusione tra gli utilizzatori.
Non proprio, come mostra il grafico seguente:
Gli indirizzi con più di 10 bitcoin sembra abbiano trovato una "resistenza": non aumentano di numero, nonostante nel tempo ci siano sempre più btc in circolazione.
Segnale di una delle due ipotesi 1)I possessori tengono i loro soldi "diluiti" tra molti più indirizzi 2)I bitcoin sono molto più distribuiti tra persone diverse, con i piccoli possessori che aumentano più dei grandi.
Tra le due propendo per la seconda, anche se la prima potrebbe avere una sua incidenza.
Un'altra analisi, fatta dal sito diar.co sulla distrbuzione dei bitcoin arriva a delle conclusioni ancora più interessanti.
Il grafico sotto mostra la differenza di distribuzione, per fasce di indirizzi, tra Agosto 2018 ad Maggio 2019: in pratica gli effetti della fase più cruda del bear market sulla distribuzione.
Sulle ordinate ci sono le variazioni di bitcoin depositati tra i due tempi e sulle ascisse gli indirizzi bitcoin divisi per fascia di quantità depositata.
Si notano due cose a primo colpo d'occhio: 1) i bitcoin depositati su address fino a 100 btc sono aumentati considerevolmente 2) quelli messi sui grandi address sono diminuiti di molto.
I primi nel grafico sono chiamati "retail": diciamo che corrispondono al piccolo o grande holder visto che è molto improbabile che siano address di exchanges.
I secondi invece, per le loro dimensioni (> 10k btc depositati) sono quasi sicuramente address di exchanges. E sono quelli che hanno perso di più durante il bear market
Nel mezzo c'è una fascia intermedia (quella tra 1k e 10k bitcoin, denominata "Firms") che è aumentata a dismisura nei mesi considerati con un aumento complessivo di 450.000 btc depositati.
A chi appartiene questa fascia?
Due ipotesi: 1)exchanges che per ridistribuire meglio il rischio hanno depositato parte dei loro grossi stock su address diversi (e questo spiegherebbe il calo della fascia più alta) 2) Balene che hanno fatto incetta di btc
Tra le due, è la seconda la più probabile perchè l'aspetto curioso è che l'aumento della fascia "Firms" c'è stato soprattutto quando il prezzo ha toccato il fondo a dicembre 2018:
Questa analisi ci porta quindi a queste conclusioni, come le più probabili:
Durante il bear market, o almeno nella sua fase più dura (Ago2018-Maggio 2019) ,la distribuzione per address è cambiata nel seguente modo:
1)I piccoli, medi o grandi address di chi probabilmente possiede le proprie chiavi private (holders corrispondenti alla fascia retail) hanno tenuto e addirittura aumentato i bitcoin posseduti, segno non solo di una non-disaffezione ma addirittura di un aumento delle quantità possedute nel classico stile BTFD
2)Gli speculatori più piccoli e improvvisati e i piccoli investitori giunti con l'onda lunga del bull market del 2017, quelli per capirsi che tenevano e tengono i loro soldi sugli exchanges nonostante tutte le raccomandazioni, sono fuggiti in preda al panico e questo spiegherebbe il crollo delle quantità depositate sui cold wallet degli exchanges
3)Qualche gruppo di grosse balene ha approfittato, a dic 2018, del crollo di prezzo e ha acquistato in massa la "fossa" tra 3000 e 4000 dollari depositandola su propri indirizzi
Questi dati mostrano come probabilmente i ritornelli di cui si fregiano gli economisti di inizio post forse sono un pò da rivedere e la distribuzione bitcoin sta, lentamente, cambiando verso una maggiore diffusione.
Anche perchè agli stessi economisti vorrei chiedere: cosa succede nel mondo fiat?
Di recente una notizia poco bella, che segna un nuovo record: i 26 (ventisei) uomini più ricchi del mondo hanno la stessa ricchezza dei 3.8 miliardi più poveri
La distribuzione di dollari o euro sta peggiorando ogni giorno che passa, forse di quella dovrebbero occuparsi i noti economisti.
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